Fino a non molto tempo fa, e ancora adesso in alcune situazioni, la carie veniva rimossa interamente, fino ad arrivare a un tessuto completamente duro e bianco. L’obiettivo era quello di sentire il cosiddetto “grido dentinario” ossia il crick-crick della sonda sul dente. Ultimamente, invece, si sta diffondendo la pratica della rimozione selettiva della carie. Ma cos’è esattamente?
Strati della carie in dentina
La carie, una volta eroso lo smalto, entra in dentina e in essa si possono osservare diversi strati più o meno removibili.

La zona di dentina infetta è composta da una zona necrotica (1) e una zona sottostante di dentina contaminata (2). Ha un colore marroncino scuro e un aspetto e consistenza molle e cedevole alla pressione. In essa è presente una quantità elevata di batteri cariogeni. Quindi, questa parte della carie deve essere rimossa completamente.
La zona di dentina affetta (3 e 4), invece, offre resistenza all’escavazione ma la sua struttura è disorganizzata. Ha la consistenza del cuoio e deve essere mantenuta dato che è remineralizzabile. Ma come avviene questa riparazione della dentina?
In primis, deve essere eseguita una decontaminaizone per andare a eliminare gli eventuali batteri residui. Questa decontaminazione può essere svolta con il laser o anche con sostanze chimiche come la clorexidina. Dopo di che, sarebbe consigliabile apporre sul dente un materiale che favorisca la remineralizzazione della dentina come può essere un vetroionomero (che libera fluoro), un idrossido di calcio o un materiale bioattivo. Ciò favorisce la riparazione dello strato affetto e lo farà indurire, producendosi quindi un ponte dentinario. Infine la cavità deve essere completamente sigillata per evitare che entrino ulteriori batteri a compromettere il lavoro.
Rimozione selettiva della carie: come si realizza?
La rimozione selettiva della carie consiste quindi in eliminare la dentina infetta e lasciare quella affetta. Per garantire che ciò venga fatto nel modo più idoneo possibile senza oltrepassare la soglia limite, la rimozione viene fatta con strumenti manuali o rotanti a bassa velocità.

Esistono anche sostanze chimiche che generano un’eliminazione chimica delle carie. Sono ad esempio la papaina, la Brix 3000 ecc. Consistono, come si può vedere dalla foto, in gel che si applicano sulla lesione aperta e si lasciano agire per alcuni minuti. Renderanno più morbida la dentina infetta e quindi più facilmente removibile. Con il cucchiaino dovranno poi essere rimossi insieme alla dentina che verrà via senza esercitare una pressione eccessiva.
In ogni caso, sarebbe meglio eseguire la procedura senza anestesia per basarci sulla percezione dolorosa del paziente. Infatti, quando viene rimossa la dentina infetta la percezione dolorosa sarà quasi pari a 0. Quando invece si arriva allo strato di dentina affetta il paziente inizierà a sentire fastidio, questo perché questa dentina è ancora “viva”.
In che casi è utile?
Questo approccio può essere molto utile con pazienti poco collaboranti o molto piccoli dato che non c’è bisogno di utilizzare strumenti rotanti (nel caso in cui la lesione sia già cavitata ovviamente). Inoltre può essere fondamentale quando abbiamo carie molto profonde e prossime alla polpa. Infatti, con questa tecnica si preserva quanto più tessuto sano/riparabile possibile evitando così di arrivare alla polpa (la parte vitale del dente).
Ovviamente la scelta su che tipo di tecnica eseguire resta sempre in mano al dentista.